IL CROLLO DELLA NOBILTÀ DEL WEB

Parte 1: Julia vs Giulia

Negli ultimi mesi stiamo assistendo a un clima sempre più da Rivoluzione Francese. Un clima che colpisce soprattutto chi, sui social, costruisce carriere e opportunità di guadagno.

Questo è il primo di una serie di post in cui cercherò, un pezzo alla volta, di mettere insieme i pezzi di ciò che sta accadendo. Insieme, possiamo indagare sulle motivazioni che portano a questo malcontento.

di Beatrice Zacco

Introduzione

È iniziato durante l’estate. 

Un’influencer cerca di spaventare delle hater dicendo che a parlare male di lei sul web si beccavano le denunce, e che poi avrebbero pagato caro il loro odio su Twitter.

“Giusto” penso “ma giusto solo se si tratta davvero di odio e non dell’espressione del proprio parere – talvolta colorata – sull’operato di quella persona”. Dove sta il limite? Mi chiedo.

E allora vado a cercare, proprio su Twitter, il luogo del misfatto.

Lo trovo. Anzi, li trovo.

Una serie di hashtag utilizzati per la critica di personaggi famosi (anzi, personaggie famose) nelle loro rispettive bolle social.

Il principale è #TaolaPurani, che se ne porta dietro tanti altri: #viuliagalentina #camihawke #sp0ra #giorgiasoleri sono alcuni degli hashtag che si trovano.

Ho iniziato a seguire con interesse: ogni story, ogni post, ogni diretta delle nobildonne dei social aveva una contro-narrazione su Twitter. Commenti volti a “fare debunking” e quindi a smascherare le bugie e le incoerenze di questi personaggi a metà tra influencer, imprenditrici digitali, scrittrici e divulgatrici delle più disparate nozioni.

Ma non solo: cattiveria, insulti, giudizi sull’aspetto fisico. E se qualcuno provava a dire “forse così non è esagerato?” alcune di loro rivendicano il diritto di “criticare chi si espone sui social”.

Dove si definisce la linea di ciò che è accettabile?

Quando il desiderio di smascherare chi mente online si trasforma in un accanimento nudo e crudo, volto soltanto a passare le giornate, avere un momento popcorn o mettere in atto una vendetta personale?

Me lo chiedo ancora di più alla luce di due avvenimenti.

Il primo è la storia di Julia Elle aka Disperatamentemamma.

Il secondo è il tweet di una ragazza che annuncia “Ho iniziato la giornata con la segnalazione all’IAP di una storia di @mumistheceo in cui non segnalava con chiarezza un prodotto regalato”.

 

Andiamo in ordine.

Julia Elle, Giulia Cutispoto all’anagrafe, è un’influencer che ha costruito la sua fortuna sul racconto ironico delle sue avventure di mamma single lasciata dal padre dei suoi figli. Ha costruito un’azienda vera e propria mettendo al centro i figli: utilizzandoli per pubblicità, facendoli recitare per i suoi video divertenti, riprendendoli costantemente ogni giorno tutti i giorni.

La sua narrazione è stata ben riuscita: ha fatto sentire tantissime mamme capite. 

@disperatamentemamma ha avuto un grande successo perché le persone sono affamate di storie in cui identificarsi, storie in cui trovare risposte, comprensione, sollievo. La storia di Julia Elle ha fatto da specchio a moltissime. La storia di Julia Elle ha motivato, ispirato, spronato.

Julia vs. Giulia

Ma qualche settimana fa l’ex compagno di Julia Elle, Paolo Paone – produttore musicale – ha rivelato un fatto che ha scioccato i più: la storia di Julia Elle non è la storia di Giulia Cutispoto. Già, perché secondo le dichiarazioni dell’ex compagno, fino a quel momento rimasto in silenzio, Giulia ha mentito su tante, troppe cose: sulla sua condizione socioeconomica, sul suo essere stata abbandonata da lui, sulla paternità del secondo figlio e, in ultimo, sulla narrazione da famiglia della Mulino Bianco.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Un post condiviso da Poul (@paolo.paone)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Come risposta Julia (o Giulia?) accusa pubblicamente l’ex compagno di violenza domestica ai danni suoi e della figlia. Alle richieste di chiarimenti da parte della stampa lei risponde con un: no comment. Julia Elle, nel frattempo, elimina dal suo profilo Instagram tutto ciò che potrebbe smentire le sue dichiarazioni e corre ai ripari modificando le caption di alcuni post. Riordina il profilo, sta in silenzio per un po’, e riappare ieri dicendo: “Ritorno su questi schermi ma vi dico subito che di questa parte della mia vita non voglio parlare”.

Perché la storia di Julia Elle ci interessa così tanto?

E perché è un evento che, a mio avviso, fa parte della caduta della nobiltà del web?

La storia di Julia Elle porta con sé tanti aspetti importanti, che riassumerò con delle domande a cui potremo collettivamente dare risposta nei mesi a venire:

  • Quando il personaggio è diventato più importante della persona? E quali sono i danni psicologici ed emotivi che la continua esposizione di gran parte della propria vita causa sulle persone che scelgono di intraprendere il mestiere di influencer o content creator?
  • Come si mitigano i danni causati dalla sovraesposizione della propria vita quando questa scelta è stata presa anni fa e magari inconsciamente?
  • Perché, in qualità di consumatori di contenuti, tendiamo a credere alle persone che si raccontano sui social?
  • Quando la fiducia in influencer e content creator è crollata?
  • Abbiamo davvero, in qualità di consumatori, il diritto di conoscere la vera vita privata dei creator/influencer?
  • In ultimo, ma non per importanza: quanto è etico l’utilizzo dei minori sui social, specialmente per campagne a pagamento?

Ne parleremo ampiamente nelle prossime settimane. Prima, però, torneremo all’altro aspetto a questo collegato: il bisogno di giustizia da parte di chi fa contronarrazione. Un bisogno che utilizza malamente gli strumenti sbagliati.