Love Letter
RITORNARE ALL’ESSENZIALE
MARZO 2020
In quest’ultimo mese dalla mia ultima love letter il mondo è cambiato. L’11 febbraio, in cui ti parlavo del mio più grande errore lavorativo, sembra una vita fa, eppure è passato solo qualche giorno. Assurdo, non trovi? Come nel giro di qualche giorno la nostra percezione del mondo possa modificarsi radicalmente. Come in un attimo un evento inaspettato possa modificare le nostre intere giornate, i pensieri che abbiamo, il nostro modo di vivere.
Ci sono tante questioni che, personalmente, sono sorte in merito a questa emergenza sanitaria (che ancora mi fa strano chiamarla così). Ho pensato di parlarti delle fake news e di come tutti ne possiamo cadere in trappola – come una delle mamme del tanto temuto gruppo Whatsapp dell’asilo che, in preda al panico, condivideva cose senza senso.
Ho pensato, lavorando nella comunicazione, di darti qualche strumento in più per analizzare il discorso dei media attivando il pensiero e l’analisi critici. Ho anche pensato di raccontarti di come tutti, nessuno escluso, siamo soggetti alla manipolazione mentale, all’influenza delle parole altrui, delle immagini, come siamo tutti influenzabili dal terrore.
Ha tutto senso, ma queste love letters non hanno l’obiettivo di educarti, né di ispirarti di per sé. Sono uno spazio sicuro in cui ricevere un punto di vista, della compassione, del buono. E allora eccomi qui, come mio solito a scriverti dalla mia scrivania di fronte alla finestra col sole che mi scalda la faccia. Eccomi qui a parlarti dell’essenziale.
Sopraffatta, esausta e senza controllo
Sembra che le stelle si stiano allineando. Ma come, Bea, in un momento così parli di allineamento di stelle? Che, sei pazza?
No, non ho perso la testa. Fammi spiegare.
Se hai letto la mia love letter precedente, saprai che nella seconda metà dell’anno scorso ho fatto degli errori lavorativi non da poco. Quello che non ti ho raccontato è che questi errori mi hanno portato a rallentare. Ho iniziato a coltivare un senso di scomodità, come se l’errore non fosse stato di per sé nel tipo di lavoro consegnato, quanto nel modo in cui ho strutturato la mia vita nell’ultimo anno.
E allora mi sono detta: scendi dalla ruota e guardati intorno. Ho rifiutato lavori nuovi, lasciato andare impegni che non rendevano quanto sperato e mantenuto un solo cliente storico. Da questa nuova posizione ho osservato quello che ho costruito. Mi sono concessa il piacere di un tempo morbido, fatto di pensieri e valutazioni, di nuove idee e di letture. Ho formulato domande e cercato risposte. Ho preso appunti e giocato. Ho messo in discussione ogni aspetto della mia vita, e da lì sono partita alla ricerca dell’essenziale.
In questa ricerca mi sono imbattuta in Essentialism, The Disciplined Pursuit of Less, libro scritto da Greg McKeown che mi ha dato le parole per capire quello che mi è successo.
Partiamo dalle basi. L’essenzialismo è l’implacabile ricerca disciplinata di meno ma meglio. Non significa fare meno per il solo scopo di fare meno, ma fare l’investimento più saggio del tuo tempo ed energia così da poter operare dal tuo punto di contribuzione più alto. Così dice l’autore.
E io aggiungo: così da poter operare dal tuo livello di gioia, pace, completezza più alto.
Quindi: se posso essere eccellente in una sola cosa, quale sarebbe per me?
Quello che mi ha fatto pensare: “ok, voglio tornare a ciò che è essenziale” è stato leggere la differenza di pensiero tra un essenzialista e un non essenzialista. Il non essenzialista dice “devo fare questa cosa”, l’essenzialista dice “scelgo di fare questa cosa”. Il non essenzialista prende troppi impegni e il suo lavoro ne soffre. L’essenzialista sceglie con cura e attenzione così da fare un lavoro eccellente.
Il non essenzialista sente di non aver il controllo sulla sua vita, l’essenzialista ha tutto sotto controllo.
Eccomi qui: sopraffatta, esausta e senza controllo su niente. Come ci sono arrivata? Semplicemente, dicendo di sì a tutte le opportunità che mi sono state presentate. Ho messo tutta la mia energia in tanti posti, procedendo soltanto un pezzettino in mille direzioni diverse invece che tantissimo in una sola.
Ti è mai successa questa cosa?
L’essenziale
In questo momento di spossatezza, siamo completamente bloccati: le scuole chiuse da settimane, tantissime aziende chiuse o che lavorano in smart working. Per quanto il mio modo di lavorare non è impattato da questi provvedimenti, il mio bambino e il mio compagno sono a casa da quasi tre settimane. Settimane difficili, non lo nego, che hanno però aperto le porte per una riflessione a più voci su ciò che è essenziale. Nella vita più in generale, ma anche sul lavoro.
Tutto questo tempo condiviso con la mia famiglia mi (ci) fa bene. Non solo abbiamo abbandonato la routine rigida della sveglia alle 7 e la nanna entro le 9:30, ma abbiamo spostato lo schermo grande che uso per lavorare in camera e spesso ci guardiamo un film a letto prima di addormentarci. La mattina è senza sveglia e con molte coccole, lotta coi cuscini e colazioni un po’ a caso. Questo tempo meno strutturato mi ha permesso di lasciare andare un po’ di quella rigidità che ho ereditato il giorno in cui ho messo al mondo Samuel.
La gestione del lavoro è più complessa. Con mia sorella nelle scorse settimane abbiamo attuato un sistema di scambio bambini: io la mattina, lei il pomeriggio. Questo voleva dire circa 4 ore di lavoro al giorno, che sono diventate preziose e intense. Visti gli ultimi provvedimenti, però, questo non è più possibile e ieri sera abbiamo creato una nuova routine, risistemando gli spazi in casa e riadattandoci a questa nuova realtà (ne parlo di più nelle stories di oggi). In questo tempo limitato, faccio solo ciò che è davvero importante, imparando a dire di no senza sensi di colpa. L’essenziale e l’indispensabile sono diventati per cause di forza maggiore l’unica via possibile. E devo ammettere che, liberata dalle aspettative, dai mille impegni, dalle distrazioni, sono più felice.
Come capisco cos’è essenziale?
Me lo sono chiesta a lungo, e la risposta non mi dava grandi soddisfazioni. Soprattutto perché ho sempre aspirato ad avere tutto nella vita, desiderio che oggi capisco essere stato la fonte delle mie più grandi insoddisfazioni. Non si può avere tutto, oggi lo so. Eppure questo pensiero, che mi ha accompagnato per quasi tutta la vita, è difficile da ribaltare.
Per poter condurre una vita da essenzialista (e quindi capire cos’è essenziale e continuare a ricercarlo) devo sapere cosa voglio, avere una visione a cui aspirare.
L’autore nel libro dice che si riduce tutto a “living by design, and not by default”, che si potrebbe tradurre in “progettare la propria vita e non a viverla in automatico”.
Per trovare ciò che è essenziale, quindi, è importante avere un progetto di vita in base al quale capire ciò che è davvero importante.
Io, per costruire questo nuovo progetto di vita (tenendo in considerazione tutte le cose nuove che ho imparato nell’ultimo anno) ho dovuto pianificare “al contrario” partendo da una visione a 10 anni. La domanda principale che mi sono fatta è: come mi voglio sentire tra 10 anni? Sono poi poi andata indietro a 5 anni, 3 anni, 1 anno e 6 mesi. Per ogni piano mi pongo la stessa domanda (suggerita in Essentialism): in che modo questa attività crea il più grande contributo verso il mio obiettivo? Se non contribuisce in alcun modo, allora elimino.
Sembra forse assurdo, ma con me ha funzionato. Ti invito quindi a fare lo stesso, se lo vuoi.
Eccoci alla fine di questa love letter che ho iniziato senza sapere come sarebbe finita. Grazie ancora una volta per la fiducia che mi dai: il fatto che tu decida di ricevere le mie love letters non è per nulla scontato. È vero, il mondo in questo momento ha un’aura un po’ spaventosa. Però, ecco, se pensiamo a come prendere il buono e la fortuna in ogni situazione, anche quelle di emergenza, allora forse tutto prende una piega diversa. Ogni esperienza o situazione che apparentemente ha soltanto del negativo acquista un significato diverso, rinnovato.
Celebriamo questi nuovi significati e torniamo a ciò che è essenziale. Il Piccolo Principe dice che l’essenziale è invisibile agli occhi. Io penso che sì, sarà pure invisibile, ma è ben chiaro davanti a ognuno di noi. Basta solo cambiare sguardo.
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